Un po’ di fatti che sfiorano il surreale.

Caso Sofri. Premesso che non sono stato mai né contrario né favorevole (nihil possum, ergo nihil volo) alla concessione della grazia, devo ritenere che il precedente Capo dello Stato fosse convinto che la sentenza di condanna era stata un clamoroso errore, tanto da lasciarsi indurre prima a chiedere la promulgazione di una legge ad hoc per decidere contro il parere del ministro della giustizia (i privilegia, cioè le leggi a favore o contro il singolo, non sono giudicati inammissibili sin dal tempo delle dodici tavole?) e poi a sollevare un conflitto presso la Corte Costituzionale. Se avesse creduto che la sentenza era giusta, non credo che si sarebbe sbracciato tanto per favorire un assassino. Almeno lo spero…

Nessuno si è chiesto cosa si possa fare per evitare gli errori giudiziari (dei quali, se è stato vittima un personaggio più che noto, possono essere state vittime migliaia di persone sconosciute) e fino a che punto sia accettabile un sistema, che consente l’altalenarsi di decisioni contrastanti nelle varie fasi dei vari gradi del processo o dei più processi celebrati su un fatto (senza contare quelli televisivi), sfogliando la margherita in attesa che arrivi l’ultimo petalo.

Caso Callipari. Il nostro masochismo arriva alle stelle. Ammesso che qualche brillante interpretazione degli articoli 7 e seguenti del codice penale giustifichi la competenza del giudice italiano, ammesso che si provi che si voleva la morte di tutti i nostri, ammesso che il giudice si convinca liberamente e condanni il marine ispanico e magari Bush per concorso in omicidio volontario, ammesso che gli americani per rappresaglia non processino tutti i nostri per favoreggiamento dei sequestratori-terroristi iracheni e non vengano a prenderseli direttamente in Italia, ammesso che non finisca tutto (conformemente ai trattati e alle convenzioni internazionali in vigore) come nel caso del Cermis, certamente più grave, e noi non siamo costretti, per una questione di dignità, a dichiarare guerra agli USA… Supponendo che invece del capo della missione fossero morti altri del gruppo, non sarebbe stato legittimo chiedersi se la pianificazione del ritorno avesse tenuto conto di regole minime di prudenza? o per compiacere chi si fosse decisa la partenza in fretta e furia? E se invece di un alto funzionario del Sismi, personaggio destinato alla rappresentanza del Servizio all’interno ed all’esterno, avesse provveduto con un mezzo militare un sergente o un brigadiere o un agente operativo anonimo, (trattandosi di una semplice operazione di trasporto di denaro e di un ostaggio) e l’alto dirigente avesse provveduto a negoziare con gli americani una forma di cooperazione accettabile?

Caso Tenco. Meglio non fare commenti… Azzardo l’ipotesi che chi ha aperto il caso o non fosse nato o fosse ancora bambino quando successe il fatto.

Caso Andreotti, ovvero un bacio, un regalo di nozze, la storia della DC e qualche altra bazzecola, pentiti impiegati come consulenti immuni da ogni responsabilità, costi enormi e il cittadino medio come il Ciampa pirandelliano con il berretto a sonagli, sbeffeggiato da tutto il mondo per aver avuto per decenni come ministro e come primo ministro un concorrente esterno nel delitto di associazione mafiosa (e cosa sarà mai il concorso esterno se non un favoreggiamento?). So che qualche fine giurista considererà segno d’ignoranza questa mia affermazione, ma farebbe meglio a considerare prima di tutto che le norme penali dovrebbero essere capite dai normali cittadini e non da atleti del pensiero. Tutti hanno fatto il loro dovere e il Ciampa… La storia sicuramente non perdonerà al parlamento italiano di aver fatto calpestare il principio di equilibrio sostanziale tra i poteri dello Stato, dato che, nello spirito della democrazia, poco importa il fatto che il cittadino subisca una sopraffazione da un tizio che porti la corona del re, il doppiopetto del ministro o la toga del magistrato, quando nessuno può intervenire in sua difesa.

E’ possibile che nessuno voglia accettare il fatto che non si tratta di fenomeni isolati, ma di un sistema che traballa? E’ educativo sentire un altissimo magistrato dire in televisione che sarà giustificato non applicare la legge sull’abbreviamento dei termini di prescrizione, perché viola il principio di uguaglianza dei cittadini quando non esiste una regola che obblighi a definire i processi secondo l’ordine cronologico imposto dalla data di consumazione del reato? E’ possibile che nessuno possa intervenire per dirgli che, in quanto singolo magistrato, compie un atto di scorrettezza interferendo con l’attività parlamentare? E infine qui in Calabria, dovremmo sentirci tranquillizzati dal fatto che il vicepresidente del CSM ha dichiarato che nella magistratura reggina ci sono luci e ombre? Oppure che in una relazione ispettiva si leggerebbe che il palazzo di giustizia di Catanzaro è un verminaio, come abbiamo letto recentemente sui giornali?

Caso Fortugno. Un medico, vice presidente del consiglio regionale calabrese. viene ucciso freddamente e premeditatamente il 16 ottobre. Fatto gravissimo come ogni omicidio.

In un paese, come vorremmo l’Italia del futuro, ognuno avrebbe svolto il suo ruolo, senza teatralità inutili. Era giusto onorarlo: va bene! Corteo di solidarietà per la famiglia, per il suo partito, per tutta la classe politica: va bene!

Vedere impegnati tutti (vescovi, politici, due commissioni antimafia), però, a fare gli analisti criminali e a dichiarare che la criminalità organizzata aveva mandato un messaggio chiaro a tutta la classe politica e che in sostanza si trattava di un delitto politico-mafioso è stato deprimente, anche perché seguito da centinaia di dichiarazioni di personaggi anche autorevoli, impegnati a snocciolare una serie infinita di luoghi comuni frutto di pigrizia mentale o di un provincialismo immarcescibile o di una sorta di senso di colpa per quel che non si riesce a fare. Così abbiamo appreso che la ‘ndrangheta è l’organizzazione criminale più forte del mondo, che persino i colombiani ne hanno paura, che in realtà essa non ha più bisogno di soldi ed ha un eccesso di liquidità, che addirittura un solo appartenente alla ‘ndrangheta di un paese della Locride ha un bilancio superiore a quello dello Stato italiano, che l’omicidio Fortugno era la prova che la criminalità organizzata non intendeva più servirsi dei politici, ma fare politica essa stessa. Lasciamo da parte quello che ci è stato detto sul ponte di Messina, sulla presunta spartizione tra mafia e ‘ndrangheta dedotta dai discorsi di un tizio che somiglia a mitomane rimbambito con intenti truffaldini.

Dopo tutto questo assurdo bombardamento di vacuità, finalmente il capo della DNA ha detto quale fosse la realtà e cioè che l’omicidio era politico, perché era stato ucciso un politico, senza azzardare ipotesi sulla sua natura mafiosa, ma credo che pochi l’abbiano sentito. Una pura tautologia che, se non è utile, almeno non offende il buon senso comune. Sembrava che finalmente fosse stata messa la parola fine alle ipotesi non adeguatamente motivate, quando i giornali hanno dato ampio risalto al fatto che la stessa DNA aveva concluso che l’omicidio Fortugno era espressione della volontà della ndrangheta di bloccare il rinnovamento.

E allora cos’è successo in questa grande operazione di lancio di nebbiogeni? Una cosa semplicissima: nessuno ha capito nulla. Su una grossa parte dei cittadini soprattutto quelli più deboli e inermi la capacità di intimidazione della parola ndrangheta si è notevolmente accresciuta, tanto che basterà che un teppistello qualunque si dichiari ndranghitista per terrorizzarli. Per un'altra parte influenzata da una sorta di realismo contadino, la conclusione è : “Se l’hanno ucciso qualcosa ha fatto… e dato che tutti dicono che è stata la mafia, con la mafia avrà avuto a che fare…” Il sillogismo è fasullo se è fasullo tutto quel che ci hanno propinato sulla natura mafiosa del reato… Bel modo di onorare un politico ucciso freddamente! Anche se nella Locride gli autori degli omicidi non vengono scoperti da anni, nessuno si chiede se non debbano essere riveduti i criteri di analisi della situazione e cresce sempre il numero di coloro che si fanno presentare o si presentano come “uno dei maggiori esperti in materia di criminalità organizzata”.

E veniamo ad altro: le manifestazioni dei giovani di Locri ed il cartello “Adesso ammazzateci tutti”. Ai giovani si può perdonare tutto, soprattutto l’ingenuità. Tutti noi siamo stati giovani ed io sono stato sicuramente uno dei meno furbi, forse eccessivamente privo di ambizioni. Ma lo sfruttamento che si è fatto di questa manifestazione di protesta, come immagine concreta di un rinnovamento, da parte di alcuni politici, è stato osceno e ha colorato di tinte ancora più fosche l’impressione di una Locri infrequentabile, dove bisogna aver coraggio a scendere per strada. Una cittadina, in cui lavorano migliaia di dipendenti di tutte le amministrazioni dello Stato, viene dipinta come un ignobile covo di briganti!

Ora l’ultimo atto. L’onorevole Laganà, frettolosamente candidata ed eletta in Parlamento, sull’onda dell’impatto avuto dall’omicidio sulla pubblica opinione, dopo aver criticato l’attività investigativa della Direzione distrettuale antimafia, giudicata carente, e chiesto con tutti i mezzi normali e anomali che essa venisse avocata dalla Direzione Nazionale Antimafia, oggi è stata raggiunta da un avviso di garanzia per truffa, spettacolarmente eseguita e finita su tutti i giornali. La procura antimafia ora è anche competente in materia di truffa? E’ possibile che nessun giornalista si sia posta questa domanda, soprattutto quando si è violato apertamente l’obbligo di mantenere segreta l’iscrizione nel registro degl’indagati? Oppure la tanto delegata legalità serve solo per fare campagne inutili con spreco di denaro pubblico ed aumentare il numero delle mezze figure che cercano solo un po’ di popolarità o di potere per partecipare alle riunioni degli “Stati generali dell’Antimafia”?

Mi chiedo, in conclusione, se non sia indispensabile stabilire l’immunità assoluta del Presidente della Repubblica e modificare l’art. 104 della Costituzione che gli attribuisce la presidenza del CSM, evitando che possa essere coinvolto nelle diatribe interne e nelle accuse reciproche tra le varie correnti dello stesso Consiglio, divulgate in qualche caso dalla stampa nazionale. Il Capo dello Stato dovrebbe avere il potere d’intervenire nei casi più gravi di abuso, senza correre il pericolo che qualche procuratore di Vattelappesca mediti strane iniziative, come già peraltro è accaduto qualche presidenza fa. La verità che è un ottimo alibi il principio di indipendenza della magistratura, che consente di non assumersi responsabilità, lasciando che la giustizia (o l’ingiustizia) faccia il suo corso.

La nota vicenda, nella quale una corte milanese si è ostinata ad attribuirsi una competenza che non le spettava, causando spese inutili ed oneri illegittimi allo Stato e ai privati, mette in luce le incolmabili carenze del sistema e soprattutto la mancanza di un’Autorità che abbia il potere di intervenire tempestivamente. Una costituzione che impone l’inamovibilità del giudice e una prassi che consente al giudice di andarsi a cercare l’imputato dove vuole (vedi il caso di Potenza, che allunga il braccio – direi frivolo – della legge fino a Campione d’Italia) sono una prova dell’assurdità della situazione. Il principio del giudice naturale, copiato dai costituenti dallo statuto albertino, è lettera morta, come accade per tante altre norme.

L’inerzia del CSM è significativa. Come si è già ricordato, recatosi a Reggio Calabria il vicepresidente qualche tempo fa ha dichiarato che nella gestione della giustizia di quel capoluogo esistevano “luci ed ombre” ed è tornato a Roma, lasciando i cittadini a chiedersi se capiteranno nella zona illuminata o nell’altra faccia della luna, mentre una folla di apostoli del nulla vanno in giro ad evangelizzare i calabresi sul rispetto della legalità.

E non è tutto. Se bisogna credere ai giornali, i primi sospetti sulla dottoressa Pasquin, presidente del Tribunale di Vibo Valentia si concretarono nel 2003 ed allora doveva essere iscritta sul registro degli indagati. Essendo ampiamente trascorso il tempo massimo di due anni previsto per la conclusione delle indagini preliminari o sono sbagliate le notizie diffuse o è del tutto illegittimo il suo arresto, in quanto gli atti d’indagine compiuti da un anno a questa parte sono inutilizzabili, come vorrebbe l’art. 407 del codice di rito. A chi può sembrare normale, d’altra parte, che un giudice sospettato di corruzione (anche se quello che traspare dai giornali non sembra avvalorare tale ipotesi) e con un mago come consulente, sia lasciato ad amministrare giustizia nella stessa città per tre anni, senza muovere un dito? Non c’è un omissione di atti d’ufficio?

Ma il mistero doloroso per me che tifoso non sono è il fatto che, ignorando tutte le garanzie previste dal codice di procedura penale (compresa la facoltà delle parti di chiedere la distruzione delle registrazioni non rilevanti penalmente) si siano dati a un’organizzazione privata atti costati alla pubblica amministrazione migliaia e migliaia di euro per una finalità certamente non compresa tra quelle per le quali le intercettazioni sono consentite dalla legge e che in tale operazione siano stati coinvolti (udite, udite!!!) un ex presidente di Corte Costituzionale e un ex procuratore generale della Repubblica, i cui pareri sono stati alla fine ribaltati, tra ricorsi e arbitrati e concordati, il tutto nell’indifferenza generale. Forse c’è qualcosa di sbagliato nella selezione delle più alte cariche dello Stato, sospetto che mi è sorto, quando un ex prefetto della Repubblica ha pensato di contestare la partecipazione di una cittadina italiana alle celebrazioni del 1° maggio, perché non sarebbe stata una “lavoratrice”.

Se poi è possibile, è auspicabile che il ministro della giustizia non si preoccupi di aggiungere altre cianfrusaglie a quella vecchia cantina di cose inutili che è la legislazione italiana, nelle quali le norme con finalità promozionali (ut aliquid fieri videatur) sono già tante. Occorre piuttosto fare quello che si fa in un trasloco, buttare via un po’ di robaccia. Un' ultima cosa. Per anni molti italiani si consolavano pensando che se fossero giunti al potere Baffone e i comunisti (a ‘dda venì…), ci sarebbe stata più serietà e più giustizia. Finalmente sono arrivati e hanno posto un limite al compenso dei dirigenti pubblici con la finanziaria, ma con decreto il ministro Gentiloni l’ha abolito in favore di un presentatore televisivo per una kermesse i cui costi dovrebbero essere affrontati dalle case discografiche… Una cosa sola non capisco. Come mai gramsciani, marxisti-leninistl, frequentatori delle scuole politiche russe, amanti dell’Africa, adoratori di Castro, profeti dell’Apocalisse, distruttori di ecomostri, preti antimafia, mani pulite e compagni, insomma tutti i resti sparsi del più grande partito comunista occidentale abbiano visto ridotto di due terzi il consenso del loro elettorato e folgorati come Paolo di Tarso siano andati a pescare il loro leader tra i rappresentanti del capitalismo parassitario, cresciuto e ingrassato nel sottogoverno democristiano e consulente di società d’investimento americane. CHE C’E’ SOTTO? DITE LA VOSTRA...

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